Sono pochi gli apprendimenti che si verificano istantaneamente e si installano nella mente una volta per tutte.
La maggior parte degli apprendimenti si consolidano, infatti, attraverso l'esercizio: in classe si inquadra un argomento, ci si esercita, poi, a distanza di qualche ora o di qualche giorno - a casa propria, o durante il doposcuola - si ritorna sulla nuova acquisizione approfondendola, rafforzandola e stabilizzandola.
Mancando il clima del compito in classe e la supervisione dell’insegnante, i ragazzi possono permettersi di sbagliare e andare alla ricerca delle soluzioni con i propri ritmi.
AUTODISCIPLINA
Anno dopo anno, a partire dalle elementari, i compiti a casa sono un'occasione per accrescere l'autodisciplina: imparare a darsi dei tempi, a seguire delle regole.
Se da un lato, quindi, gli insegnanti non devono sovraccaricare i ragazzi di compiti - perché una pressione eccessiva crea uno stato di ansia controproducente -, dall'altro i genitori devono evitare di fare i compiti al posto dei figli, perché in questo modo inviano loro il messaggio implicito che devono sempre dipendere da qualcuno che pensa, pianifica e organizza tutto per loro.
TEMPI E LOGICA
Se è controproducente fare i compiti al posto dei figli, è tuttavia opportuno insegnare ai ragazzi ad organizzarsi, a fare ricerche, a capire un passaggio. Quando i figli sono piccoli, il genitore può aiutarli a ad affrontare questo nuovo impegno e a organizzarsi il pomeriggio. Si tratta non soltanto di gestire i propri tempi, ma anche di imparare la logica con cui deve essere affrontato un compito. Ad esempio, un ragazzino non si rende conto che prima di svolgere un tema è necessario sapere che cosa si vuole scrivere e che quindi è opportuno quindi tracciare una "scaletta". Aiutare a trovare le informazioni è un'altra forma di aiuto. Sono tutte strategie generali, che servono imparare ad imparare.
CONCENTRAZIONE
Per poter risolvere un problema, leggere un brano da cima a fondo, fare un riassunto o imparare a memoria una lista di vocaboli bisogna concentrarsi, cercare cioè di non disperdere l'attenzione, di non lasciarsi distrarre da stimoli estemporanei. Questo, in un mondo in cui la vita è spesso frammentata e i tempi sono rapidi come negli spot, rappresenta un esercizio indispensabile. Il bambino deve imparare, man mano, a individuare un obiettivo e a portare a termine un compito resistendo alla tentazione di lasciarlo a metà. Il che non significa che non si possano fare pause, piccoli break rigeneratori che aiutano a riacquistare concentrazione: significa imparare a concludere ciò che si intraprende. In altre parole, a responsabilizzarsi.
CONSIGLI PER I GENITORI
Dovere dei genitori, rispetto ai compiti a casa dei figli, è creare un ambiente favorevole allo studio, insegnare ai bambini ad organizzarsi e trasmettere entusiasmo.
Creare una routine: è bene individuare un orario fisso per i compiti (tra le 16 e le 20.30 e non dopo cena) in cui i bambini, dopo avere giocato o svolto altre attività di movimento, si concentrano su ciò che devono fare.
Dove? Lontano da televisori, videogiochi o altre fonti di distrazione. Bene la cameretta del bambino, ma anche il tavolo del soggiorno o della cucina, purché ci sia tranquillità. Bene se allo stesso tavolo siedono fratelli o amici - possono scambiarsi informazioni e idee - purché ognuno rispetti le attività degli altri.
Disponibilità e interesse: l'adulto non si sostituisce al bambino, è però disponibile per indicazioni, suggerimenti. Quando non sa rispondere, dà indicazioni su cosa e dove cercare, quali chiarimenti chiedere all'insegnante. .
Evitare critiche: se si vuole che i bambini affrontino serenamente i compiti a casa bisogna mostrarsi ottimisti sulle loro capacità. Bisogna anche concedere loro il tempo necessario per imparare, ricordandosi che i nostri tempi sono diversi dai loro. Mai mettere fretta, sottolineare gli errori, ridicolizzare il bambino.
Contatti con l'insegnante: se si ritiene che i compiti siano eccessivi o difficili, meglio parlarne con l'insegnante, invece di criticare il metodo e demolire la figura del docente.
Anna Oliverio Ferraris
psicologiaoggi.it